Roberto Balzani – Venerdì 29 settembre 2023, ore 10.30
Auditorium di Palazzo degli Studi, Faenza – via Santa Maria dell’Angelo, 1
La storia, nell’età del positivismo, significava soprattutto filologia. Il metodo si imparava in archivio e i periodi che più interessavano i ricercatori erano il Medioevo comunale, là dove erano andate formandosi le prime istituzioni della penisola, o l’età moderna degli Stati territoriali. Il taglio giuridico-economico prevaleva. La storia contemporanea non esisteva, perché, mancando una tradizione documentale accertata, la si riteneva troppo esposta ai rischi della politica. Salvemini, formatosi alla scuola filologica, fu il primo a tentare di leggere i processi recenti – come la nascita dello Stato-nazione italiano – alla luce di un’esegesi delle fonti di tipo scientifico, ponendosi problemi e domande tipiche dello studioso, più che del giornalista o dell’uomo di partito. Il suo approccio fu innovativo. E basti osservare come dissezionò la figura di Mazzini. Intendiamoci: per lui il Risorgimento era ancora produttore di valori decisivi. Egli ritenne però che, per salvaguardarne appieno il messaggio, esso dovesse “passare alla storia”, uscendo dalla sfera polemica militante. In un’epoca di retorica nazionalista, il suo si rivelò un percorso accidentato ma fondamentale.